A 50 anni dal 20 luglio del 1969

Il 20 luglio si celebreranno in tutto il mondo e a vario titolo, i 50 anni di un’impresa straordinaria. “Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità” come affermò Neil Armstrong, l’astronauta dell’Apollo 11 che portò a termine l’impresa.

 

Né scienziati, né tuttologi

 

Ma, in quanto creativi, siamo curiosi e andiamo matti per quei nessi sottili, ma interessanti, tra la realtà, le parole e la nostra esperienza. E sulla luna, ce ne vengono in mente moltissime!
Non siamo tipi dalla “luna storta”, intrattabili e irritabili, ma quando la luna, da calante a crescente, ci influenza l’umore, siamo piuttosto malinconici e trasognati, capaci di aspettare i cambi di programma, come fossero maree, e ritmare, sulle fasi lunari, i lavori di agenzia da buoni “coltivatori” di idee.

 

Nemmeno astronauti e poeti

 

Non proponiamo mai la luna nel pozzo, per non creare false illusioni, ma possiamo anche sfidare l’impossibile. Insomma sulla luna ci piace andarci per davvero e portarci chi si affida a noi. Non serve essere astronauti, ci basta subire il fascino di ciò che sta lontano e più in alto di noi, come la luna appunto. Le sue forme mutevoli, i colori cangianti, il ritmo costante e continuo sono ottimi spunti d’ispirazione, senza essere poeti del calibro di Leopardi.

 

Avere occhi per guardare in alto

 

Abbiamo tutti in mente quel meraviglioso incipit del canto notturno di un pastore errante dell’Asia “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, silenziosa luna?” Fu senz’altro la sua sensibilità a portarlo alla composizione completa del Canto, ma lo spunto gli venne dalla recensione di un viaggio in Oriente, trovato su una rivista francese. Nel 1828, sotto la data del 3 ottobre, nel suo Zibaldone, ne aveva trascritto un passo riguardante i pastori nomadi Kirghisi che passavano la notte seduti su una pietra a guardare la luna e a improvvisare canti. Ne fu folgorato. E la cosa colpisce anche noi oggi, se pensiamo che bastano gli occhi di un pastore, per guardare e apprezzare la bellezza della luna, per non guardare solo la punta delle proprie scarpe, per andare oltre il banale.

 

Il dito e la luna

 

L’antico proverbio orientale che dice “quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito”, sembrerebbe contraddire questa predisposizione naturale ad alzare lo sguardo verso la luna. Con tono sarcastico, il proverbio evidenzia infatti che, tra la luna e il dito puntato verso di lei, si potrebbe insinuare un ostacolo: non mettere a fuoco ciò che realmente occorre vedere e perdersi il meglio, la visione d’insieme.